martedì 11 giugno 2013

Elogio della depressione.....matrice di creatività

Illustrazione dal "Libro Rosso" di C. G. Jung

Spesso i comportamenti frettolosi, accelerati della nostra epoca nascondo una forte paura del vuoto e della depressione. Ma se da un lato questa patologia provoca dolore e solitudine, dall’altro può portare, se ben affrontata, delle insospettate risorse creative.

Della nostra epoca si dice sia “l’epoca della maniacalità”, della fretta e dell’ansia; in effetti è vero che siamo sempre più “di fretta”, perfezionisti, preoccupati, accelerati….e di conseguenza anche un po’ più superficiali.
Ma quante volte il perfezionismo nasconde la paura dell’abbandono e del biasimo? Quanto spesso l’accelerazione e la fretta mascherano la paura del vuoto? Quanto la possibilità di avere molte più informazioni e competenze superficiali si trasforma in paura dell’approfondimento, in svogliatezza?
In psicologia si dice che l’ansia vada “a braccetto” con la depressione, indicando con questo che spesso, molto spesso, la prima non è altro che la maschera della seconda.
Allora, forse, più che vivere in un’epoca maniacale viviamo “anche” nella sua controparte, un’epoca depressiva; qualcuno che non ricordo spiegava molto bene che in tempi come i nostri la depressione diventa una specie di “bene fondamentale”, perché va a soddisfare la naturale esigenza dell’uomo di approfondire sé stesso, le sue motivazioni e il senso della sua vita. Vivendo in continuo movimento e mutamento viene a mancare la possibilità di fermarsi, di sostare dentro se stessi e comprendersi un po’, fare il punto della propria situazione esistenziale. A questo punto il comparire di periodi di depressione (ovviamente non stiamo parlando della vera e propria depressione patologica descritta nei manuali diagnostici ma di quei momenti di profondo abbattimento in cui capita di incappare nella vita), diventa funzionale proprio a questi obiettivi.
Con questo non si vuole assolutamente minimizzare la portata “deflagrante” di un episodio depressivo, che provoca sempre una sofferenza acuta quanto “sorda” e di difficile risoluzione. La solitudine è forse una delle principali sofferenze di una persona depressa, quella straziante sensazione che non si possa fare affidamento su nessuno al di fuori di se stessi, quel circolo vizioso che continua a far sentire separati dal resto del mondo, una sofferenza che sembra nutrirsi e vivere di se stessa. Le persone che soffrono di più sono proprio quelle che non hanno la possibilità di dialogo, di confronto con gli altri; noi tutti infatti siamo prepotentemente sospinti a ricercare rapporti, perché è solo tramite questi che possiamo veicolare fuori di noi, e conoscere, le nostre emozioni.
Nei casi più gravi l’impressione è quella di una caduta senza ritorno; non c’è più nulla nel mondo esterno che possa aiutare, nessuno stimolo che solleciti l’interesse o che possa accendere un barlume di progettualità.
Ma allora come si fa per uscirne e, ancora, come si fa per convivere con questo stato dell’anima quando si presenta? L’unica soluzione pare essere quella di attribuire un senso agli eventi che provocano questo dolore. In questo caso è interessante quanto affermato da Carotenuto:
“ Le ferite dell’anima, però, possono trasformarsi in principi attivatori del nostro risveglio psicologico, capaci di innescare la nostra rinascita, il cambiamento a cui tutte le esperienze vissute ci hanno preparato. La particolarità della sofferenza, infatti, consiste nella possibilità che essa ci offre di trarre nutrimento dallo sviluppo della nostra vita interiore…… la sofferenza e la “prigionia” della nostra anima illuminano e rendono visibile il patrimonio più prezioso e nascosto delle nostre risorse psichiche.”
Uscire da una depressione significa portarsi dietro un pesante ma ricco fardello: tutte le esperienze psicologiche e tutte le riflessioni generate dalla depressione stessa. È per questo che in genere dopo un episodio depressivo se ne manifesta uno maniacale, di entusiasmo e di confusione, ricco di idee e spunti creativi che se si avrà costanza potranno essere messi a frutto. Non per niente molti artisti riferiscono di aver creato le loro opere migliori in una sorta di “incendio creativo” conseguente ad un periodo di depressione e profonda solitudine; questa infatti più di altre sofferenze psicologiche rappresenta una possibilità di metamorfosi e, spesso, fonte di arricchimento interiore.
Ovviamente questo non vuol dire che una depressione sia qualcosa di auspicabile; tutt’altro, dovremmo però essere capaci di entrare più spesso in contatto con le nostre profondità inconsce, trovare più spesso dei momenti per stare da soli con noi stessi; nel momento in cui le occasioni di “introversione” trovano libera espressione nella vita quotidiana diminuisce il rischio di affrontare un vero e proprio episodio depressivo.
Avremmo così più momenti di consapevolezza e saremmo capaci di trovare soluzioni creative alle nostre difficoltà molto più spesso e senza dover necessariamente attendere di sprofondare nel buio.

Per l’articolo completo clicca qui

Nessun commento:

Posta un commento