domenica 23 dicembre 2012

Tempo di regali: sul valore psicologico del dono e del "donarsi"


Quello del regalo è uno dei gesti più antichi della tradizione dell’uomo ed è carico di significato; è un’usanza che esiste da sempre e, qualunque sia l’occasione per la quale vi si ricorre, è molto più che una prassi tradizionale o l’adempimento a un dovere legato a una circostanza particolare. Regalare qualcosa a qualcuno è un gesto relazionale che mostra un certo impatto emotivo: con l’azione del dono inviamo un messaggio a colui che lo riceve e sveliamo una parte di noi stessi che si manifesta nella scelta di quel determinato regalo per quella specifica persona; in questo risiede anche il valore più strettamente psicologico del “donarsi”, ossia lasciarsi andare all’altro, mostrare sé stessi, tanto una propria idea quanto un’emozione.
Il regalo, in questo senso originale ed autentico, diviene quindi un atto creativo, costruttivo ed intimo.
Nell’attuale società occidentale, purtroppo, il dono ha perso questo valore originario assumendo un aspetto più superficiale e consumistico. Per esempio spesso si sceglie un regalo non in base al significato dell’avvenimento da festeggiare ma in base alla moda e alla pubblicità del momento. La folle corsa nei negozi, la ricerca smodata e spesso obbligata di chissà quale oggetto, l’acquisto di un regalo tanto per farlo ma senza individuarne un senso per sé o per l’altro sono comportamenti che tolgono valore al gesto originario.
Questa confusione sul senso del gesto deriva però anche da una confusione di termini; si può differenziare infatti il significato della parola “regalo” da quello del termine “dono”.
La parola Regalare ad esempio deriva da “regalia” che erano i diritti spettanti al re di cui egli poteva fare concessione ai suoi sottoposti per ricompensa di altri servigi. Insomma la parola regalo sembra riportarci ad un significato molto sociale dello scambio dove cioè c’è qualcuno che fa qualche cosa in cambio di altri interessi o per farsi vedere, per mettersi in mostra. Lo vediamo e lo sappiamo che molti regali sono fatti con un preciso significato, una attesa di scambio.
Noi usiamo, però, anche un’altra parola come sinonimo di questa, soprattutto a Natale, ed è la parola dono. L’origine di questa parola è completamente diversa essa infatti deriva proprio dal verbo dare, ed indica “ciò che si da senza attesa di ricompensa”. Il dono implica insomma la gratuità del dare, ed il piacere di dimostrare, con il dono, l’affetto ed il significato che quella persona o quella relazione ha per noi.
In un significato più profondo il dono ci mette “di fronte” alla persona a cui viene fatto e ci fa confrontare con lei; quando il dono diventa “dono di sé”, magari in una relazione amorosa o di amicizia, permette di capire quanto riusciamo ad impegnarci in quel rapporto, quanto riusciamo a dare e quanto a “prendere”….oppure quanto ci “tratteniamo. In base a questa lettura donare è anche un rischio, rappresent6a un modo di mettersi in discussione, ci costringe a confrontarci con la risposta dell’altro che sia essa positiva o negativa (per esempio chiedere alla persona che ci piace di iniziare un rapporto d’amore, e quindi “fargli dono” del nostro sentimento, comprende in sé il rischio di venire rifiutati). Il dono allora è caratterizzato da una natura ambivalente.
Nel risalire alle origini del motivo dell'ambivalenza del dono è significativo analizzare il termine; dôron-dôlos, dono-inganno, come il duplice significato della parola gift: dono da una parte e veleno dall'altra. 
L'originalità di questo tema rinvia per esempio alla tradizione greca. Da Omero ad Esiodo, da Eschilo a Platone dono è essenzialmente inganno. Ciò concerne non uno specifico dono, ma ogni dono; secondo il mito di Pandora ricca di ogni dono«) il famoso Vaso di Pandora è un dono agli uomini da parte degli Dei ma contiene anche tutti i mali che si diffondono per il mondo intero. Ma non bisogna dimenticare che al suo interno c’è anche la Speranza; il dono quindi porta anche il male (il rischio della sofferenza di donarsi agli altri) ma nello stesso tempo rappresenta la possibilità di proteggersene.
In altri termini “donarsi” senza avarizia agli altri può far male ma nello stesso tempo può rappresentare anche la massima felicità (basti tornare all’esempio di cui sopra nel caso che la persona che ci attrae accetta di stabilire un rapporto con noi).
Oggi rischiare in questo modo le proprie emozioni tende a fare paura. La tendenza al controllo che ci assale sempre più spesso impedisce di entrare in rapporto profondo con gli  altri ma anche con lo scorrere della vita in generale; tendiamo quindi a trattenere quello che proviamo oppure a metterlo in gioco solo quando ci sentiamo abbastanza sicuri, quando abbiamo il controllo sugli eventi, secondo una modalità dai forti tratti ossessivi; in questo senso il cosiddetto “regalo di consumo”, quello legato al concetto di “regalia” non è altro che una difesa dal donarsi autentico, una difesa dettata dalla paura dell’altro.
Ma perché si evita di donarsi, ossia si evita il dono autentico, spontaneo, libero? Forse perché così facendo non solo non si rischia se stessi, ma anche, e soprattutto, così facendo si tengono lontano gli altri dalla propria vita, impedendogli di portare scompiglio con la loro novità. Il dono infatti è cambiamento, è sviluppo, è creazione di una situazione diversa; soprattutto è incontro e relazione.
Il dono quindi va anche accettato e questo comporta una specie di “scelta di vita”, come dice Risè un “essere per il dono”, essere capaci di esprimersi liberamente per quello che si è, di rischiare i propri sentimenti e, tra l’altro, sentirsi di poter rifiutare quelli altrui; questo tipo di comportamento comporta un “avvicinamentoagli altri e se tutto va bene sarà amicizia o amore; altrimenti, forse, conflitto e sofferenza. Ma solo rischiando la disperazione si può ottenere la felicità.
In conclusione nell’esperienza del dono, e del donarsi, si esprime una parte decisiva della vita umana, che è quella che riguarda gli affetti e la ricerca del senso della vita, una ricerca che va oltre gli angusti confini del nostro Ego per avventurarsi nel mondo sconosciuto della relazione autentica con il mondo.




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