Nei media l’aggressità
“fa audience” e questo significa che in qualche modo ci affascina, forse perchè
in questo modo vediamo e ascoltiamo un modello
comunicativo che nella vita di tutti i giorni non ci permetteremmo di
attuare pur magari desiderandolo. Ma
alla fine questo modello non è l’unico, la psicologia ci dice infatti che
esistono anche il modello anassertivo
(più passivo) e quello assertivo (il
più efficace tra i tre).
Si! L’aggressività in TV ci piace, ci piace
vederla, ci piace ascoltarla, e questo nonostante tendiamo a considerare
sgradevoli le persone che la utilizzano per far valere il proprio punto di
vista, ma perchè?
Innanzitutto perchè le persone aggressive
appaiono “vincenti” rispetto ad altri, nonostante spesso si muovano sul filo
della prevaricazione; secondariamente perchè ci permettono di proiettare i nostri stessi desideri di
vittoria o di prevaricazione.
In effetti l’aggressività è un retaggio della
specie, propria cioè dei nostri progenitori che vivevano nelle caverne e che
proprio grazie ad essa si procuravano il cibo o difendevano il clan. Quindi in
sè per sè non ha nulla di
particolarmente deplorevole, la differenza con quanto accade oggi è che
queste necessità primarie (fortunatamente) sono meno impellenti; almeno nel
nostro mondo occidentale non dobbiamo (quasi più ) lottare per mangiare o per difendere la nostra vita o quella dei
familiari. La conseguenza di questo è che spesso tutta questa aggressività
appare fuori luogo.
Nonostante ciò ci troviamo comunque molto spesso
a dover difendere una nostra opinione
oppure una nostra idea, vuoi che sia un progetto o un modo di essere; è proprio
in questi casi che ci piacerebbe riuscire ad imporci ma a volte non ci riusciamo
(per paura di perdere una relazione o magari il lavoro) e tendiamo ad assumere
un comportamento che gli psicologi chiamano “anassertivo” ossia passivo, in sintesi tendiamo per buona pace a trascurare i nostri bisogni di fronte a
quelli altrui.
Fino a qui ci stiamo confrontando con una
dinamica del tipo “vittima-carnefice”; ma allora com’è che riusciamo a non annullarci l’un l’altro? Questo è
possibile perchè esiste anche una terza
via, che è quella dell’assertività,
ossia la capacità di esprimere se stessi e le proprie opinioni senza
prevaricare gli altri; per capire meglio può essere utile mettere a confronto
gli “stili comunicativi” che
emergono da queste tre tipologie di comportamenti.
- Lo stile aggressivo si caratterizza
per comportamenti improntati al dominio
ed alla prevaricazione degli altri senza tenere conto di quello che
pensano o provano; il risultato è che l’altro finisce per “chiudersi” e
comportarsi passivamente oppure,
viceversa, che reagisca a sua volta aggressivamente generando una spirale
di violenza. In realtà la persona aggressiva non è realmente forte o
sicura di sè, tutt’altro, è in realtà incerta ed ha una inconscia percezione di debolezza;
si potrebbe dire che aggredisce per non essere aggredita spesso per
evitare di provare paura.
- All’opposto
abbiamo lo stile anassertivo,
che si manifesta con comportamenti
passivi ed inibiti e con la tendenza a non esprimere il proprio punto
di vista per non inimicarsi gli altri. In genere questo è un modo per non
perdere delle relazioni importanti e per evitare che venga ferita la
propria autostima. Il rischio è che si può soffrire molto, diventando
ipersensibili alle critiche fino a non riuscire a reggere neanche battute
del tutto innocue. Spesso queste persone stabiliscono dei rapporti di dipendenza dagli
altri, e per non perderli tendono a compiacerli non esprimendo le proprie
opinioni.
- La
terza via è appunto quella dello stile
“assertivo”, che invece si caratterizza per la capacità di esprimere i propri desideri ed i
propri punti di vista mantenedo comunque il rispetto per gli altri e per i loro desideri e diritti; in
questo senso la persona assertiva è disposta a negoziare senza rinunciare a farsi valere, magari aspettando
un momento migliore per esprimersi senza però trascurare di far valere, anche
se in un momento diverso, la propria opinione.
Da quanto esposto si evince che lo stile di
comunicazione assertivo sarebbe quello migliore dei tre….ma è anche vero che
non è sempre semplice da applicare, si basa infatti su dei prerequisiti a loro volta abbastanza impegnativi:
- Stima di sè, ossia la capacità di credere
nel proprio valore in maniera obiettiva, senza idealizzazione, che vuol
dire basarlo su ciò che si è piuttosto che su ciò che si riesce a
realizzare o ciò che si “fantastica” di realizzare, significa saper vivere
nel presente e giudicare non tanto le persone quanto le situazioni;
- Consapevolezza di sè, ossia la capacità di
ascoltare le proprie emozioni, i propri desideri, e di accettarsi nei
propri difetti pur cercando di migliorarsi;
- Sentimento
del potere a somma variabile,
ossia la capacità di apprezzare il valore altrui nel momento in cui si è
in conflitto, di accettare le opinioni dell’altro pur non condividendole;
vuol dire riconoscere i conflitti sforzandosi di collaborare piuttosto che
vincere;
- Saper comunicare ed esprimere le proprie
emozioni ed i propri sentimenti, senza per questo sentirsi più deboli
bensì liberi di esprimere la propria autenticità.
Detto questo l’assertività non è semplice da
applicare, ed in effetti non ci riusciamo sempre, e questo è anche un bene; non bisogna pensare che assertività sia
sinonimo di perfezione, è anzi vero il contrario, è accettazione della proprio umanità, delle proprie debolezze e dei
propri difetti, anzi si può dire che senza questi non esisterebbe proprio,
esisterebbe solo l’onnipotenza.
Essere assertivi significa in fondo sentirsi
liberi di essere se stessi nella propria autenticità, significa poter sbagliare
ma anche (e soprattutto) trovare il modo per ammetterlo per poi cercare di
riparare all’errore; allora si può anche essere aggressivi a volte, altre si
può chinare il capo, magari per non far del male agli altri, senza perdere però
di vista i propri valori profondi e
cercando di applicare il più possibile il rispetto
per gli altrui diritti………continua...
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