domenica 20 gennaio 2013

Quando i bambini hanno paura (1): le crisi dello sviluppo


La paura è una delle principali esperienze vissute dall’uomo, che lo aiutano a reagire ad eventi potenzialmente pericolosi e dolorosi, e come tale lo accompagna a partire dalla sua nascita. In questo senso i primi a vivere la paura sono proprio i bambini che vivono due tipi di paure: quelle legate ai compiti dello sviluppo (esempio la paura della separazione) e quelle cosiddette sociali (legate all’educazione impartita ).
La paura è un’emozione e come tale si dimostra utile all’uomo; ha una funzione di salvaguardia della sopravvivenza e rappresenta una preparazione psicologica per affrontare situazione pericolose. Le paura però richiedono anche di essere superate, affrontate con consapevolezza, altrimenti possono finire per schiacciare la vita, soffocarla; non per niente il termine angoscia, a volte associato alla paura, deriva dal latino “angustie” ossia “strettezza”.
Quindi nel momento in cui il bambino si confronta con la paura nel corso del suo sviluppo è anche costretto ad individuare strategie di superamento, imparando piano piano a confrontarsi con l’ignoto. In questo modo la paura resta ciò che dovrebbe essere, un naturale campanello d’allarme che permette di prevenire situazioni di pericolo o di dolore, senza per questo soffocare lo sviluppo.
Nel momento in cui, però, la paura assume dimensioni che impediscono una vita normale, perde il suo carattere di protezione diventando un ostacolo alla maturazione del bambino e mettendo a rischio lo svolgersi dei compiti quotidiani a cui è chiamato.
Ovviamente un mondo senza paure sarebbe solo una illusione quindi un’educazione che cerca di tenere lontane tutte le paure non aiuta affatto i bambini ad affrontare la vita; viceversa sarebbe importante che essi si confrontassero con le paure, perché così facendo possono crearsi lentamente la fiducia in se stessi e strutturare il proprio Io, ed è altrettanto importante che in questo processo di superamento possano contare  sull’appoggio dei genitori che hanno la funzione di “contenimento”, come se fossero una ideale “boa” che garantisce un appiglio sicuro in caso di difficoltà.
Le paure dei bambini possono essere legate tanto ad eventi traumatici quanto all’educazione ricevuta ma anche alle fasi che attraversano durante la loro crescita.
In quest’ultimo caso si può dire che la libertà di crescere, di cominciare qualcosa di nuovo, di andare incontro al mondo è sempre accompagnata dalla paura, che però è una paura stimolante, che rende costruttivi e creativi.
Le persone che non si confrontano con la libertà e con le paure rischiano di non poter diventare indipendenti, di non sviluppare l’autostima; scappando di fronte alla paura finisce per crearsi un circolo vizioso che è la paura di aver paura.
Lo sviluppo del bambino nei primi anni di vita è velocissimo, ad ogni passo si  aprono sempre più porte verso la vita, e con esse nuove paure; aprire queste porte richiede quindi un grande sforzo emotivo, uno sforzo che però il bambino è in genere più che disposto a correre visto che possiede una sorta di speciale sesto senso verso ciò che può aiutarlo a sviluppare la fiducia in se stesso.
Durante i primi 3 anni si manifestano 4 principali paure condizionate dalla crescita:
  1. Paura della perdita del contatto fisico, la forma primaria di paura; durante le prime settimane di vita il bambino riceve tutto ciò di cui ha bisogno dalla madre, vive in una specie di paradiso terrestre dove il cibo e la sicurezza sono infinitamente presenti ed in questa sorta di Eden si formano i presupposti per la fiducia primaria del bambino verso se stesso e verso le figure di riferimento e quindi la base emotiva sicura. Il bambino è quindi molto dipendente e nel momento in cui viene meno il contatto fisico con il “caregiver” si fanno strada le paure esistenziali che si trasformano in pianti e strilli che rappresentano per lui una vera e propria lotta per l’esistenza, questo in particolare nel momento in cui oltre alla distanza fisica si manifestano i bisogni, per esempio la fame; in questi casi è importantissimo che ci sia innanzitutto la rassicurazione ed il sostegno dei genitori tramite il contatto fisico, l’abbraccio, e poi a seguire, il soddisfacimento del bisogno specifico che viene dimostrato dal neonato.
  2. Paura dell’estraneo, intorno all’ottavo mese; a questa età il bambino ha appena iniziato a distinguere tra persone familiari e non e di conseguenza non è più disposto a farsi abbracciare da chiunque; si intimidisce quando un estraneo si avvicina troppo fisicamente, se da un lato ne è attratto come è sempre attratto dal nuovo, dall’altro il nuovo può apparirgli inquietante. Se l’altro non si avvicina allora il bimbo inizia le sue strategie di avvicinamento, sorride, cerca il contatto visivo e pian piano si avvicina con la scusa di giocare fino ad accettare il contatto fisico. In questi casi per evitare che si sviluppi una paura troppo forte è importante non costringere il bambino ad avvicinare l’estraneo ma aspettare e rispettare i suoi tempi.
  3. Paura della separazione, intorno al secondo anno; a questa età il bambino inizia ad avventurarsi verso nuovi territori ed in questa fase si vede in azione la sicurezza acquisita nel periodo precedente. Le paure di separazione accompagnano il bambino per tutta la durata dello sviluppo, e continuano ad agire anche nell’adulto, nella loro forma precoce si manifestano nel momento in cui il bambino può muoversi con maggiore autonomina, appunto dopo il primo anno, quando inizia a gattonare e poi a camminare stabilendo quindi le modalità di allontanamento fisico ed autonomo dalle figure di attaccamento. Questa nuova autonomia è però ancora fragile e va accompagnata, soprattutto perché facilmente minacciata da regressioni; allora è molto importante mostrare fiducia nel bambino e nelle sue capacità, lasciandogli lo spazio per fare esperienza del mondo ma contemporaneamente essendo disposti a riaccoglierlo quando dimostra di avere ancora bisogno di rassicurazione da parte dei genitori.
  4. Paura dell’annientamento, intorno al terzo anno; questo è anche il periodo della fase dell’opposizione, durante il quale i bambini sviluppano il senso di potere e di forza, fino a rasentare l’onnipotenza; parallelamente a tutto questo avviene l’educazione alla pulizia e il bambino sviluppa un  senso di controllo sul proprio corpo ma anche sugli altri (per esempio sui genitori che attendono ansiosamente che faccia i suoi bisognini). Contemporaneamente al controllo ed al potere c’è però anche un forte senso di impotenza, che si manifesta in particolare di notte, con la paura dei mostri e degli incubi, ma anche delle forze della natura. A questa età per gestire le paure i bambini iniziano ad affrontarle nel gioco o con piccoli rituali; è quindi importante essere il più sensibili possibile alle piccole ossessioni, in particolare quelle per andare a dormire, come la lucina accesa, oppure ai giochi con i mostri o a quelli aggressivi che se da un lato non vanno esasperati dall’altro sono necessari per dare forma alla paura ed affrontarla.
Queste sono tutte paure naturali legate allo sviluppo ed alle sue fasi, non è quindi auspicabile impedire al bambino di provarle ma come già detto è importante che i genitori gli siano vicini e lo aiutino a trovare le sue personali risposte e soluzioni perché solo così facendo il bambino può mettere le basi per la fiducia in se stesso.

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